lunedì 30 aprile 2012

Classifica dei Paesi con maggior numero di auto blu


Sta circolando su facebook una tabella in cui risulta che le auto blu in Italia sarebbero oltre 500.000. Alla presentazione di questa tabella seguono, ovviamente, una sequela di insulti, minacce, e cose simili nei confronti della nostra classe politica.
Però ricordo di aver letto un po’ di tempo fa dati diversi, o meglio ricordo la grande difficoltà di quantificare questo fenomeno. Ad esempio sul sito web de Il Giornale (non un blog qualsiasi quindi) a distanza di un mese si poteva trovare due dati molto discordanti tra di loro: il 27 maggio 2010 c’è un articolo dal titolo: “Sprechi, una casta da record: in Italia oltre 620mila auto blu”, il 26 giugno dello stesso anno un altro articolo (dal titolo: “Ma quante sono le auto blu? A Brunetta non tornano i conti”) riporta che le auto blu sarebbero 90.000. Ma allora?
Restiamo prudenti, allora, consideriamo quello che Brunetta, quand’era ministro, riferiva (aveva fatto fare una specifica indagine all’interno dell’amministrazione pubblica): le auto a disposizione dei politici sono, appunto, circa 90.000, di queste 10.000 sono le vere e proprie auto blu (dette blu blu), quelle per i politici, e gli alti burocrati, con autista a disposizione, 20.000 sono invece le vere e proprie auto blu, 60.000 sono le auto grigie, che risultano essere nei garage della Pubblica amministrazione, ma senza autista e, apparentemente inutilizzate. Gli autisti di auto blu blu e blu sarebbero 40.000. Per la sola gestione (benzina, bollo, assicurazione) il costo è di 99 milioni di euro all'anno. Poi Brunetta ammette che i dati sono imprecisi (perché non tutte le realtà avevano risposto alla sua richiesta di censimento), e che la realtà è maggiore, tuttavia non in termini clamorosamente superiori…
Che dire? Guardiamo allora la classifica che riguarda il possesso di auto blu da parte delle amministrazioni pubbliche:

  1. Italia (90.000)
  2. Stati Uniti (73.000)
  3. Francia (65.000)
  4. Gran Bretagna (55.000)
  5. Germania (54.000)
  6. Turchia (51.000)
  7. Spagna (44.000)
  8. Giappone (35.000)
  9. Grecia (34.000)
  10. Portogallo (23.000)


Quindi: siamo sempre primi, anche cambiando la fonte dei dati… E chiediamoci pure: c’è da indignarsi di meno se le auto blu sono 90.000 invece di 500.000, con il primo posto al mondo ben saldo?

sabato 28 aprile 2012

Classifica dei cognomi più diffusi a Milano


Grosse novità nella classifica dei cognomi più diffusi a Milano. Se guardiamo a 25 anni fa nei primi 30 cognomi più diffusi non ce n’era uno straniero, oggi sono 4, con il cognome cinese Hu che addirittura balza al 2° posto! (fra i primi 10 cognomi ce ne sono 3 cinesi, fra i primi 100 quelli cinesi sono ben 12). Su Repubblica l’assessore del Comune di Milano Benelli spiega che la comunità cinese è la prima che si è insediata in città (negli anni ’20) e che, continua, non si può parlare di invasione straniera in quanto nei primi 100 cognomi sono solo 3 gli altri cognomi stranieri (gli arabi Mohamed al 34esimo posto - 944 persone, Ahmed al 63esimo – 741, Ibrahim al 75esimo posto - 656).

  1. Rossi (4.379)
  2. Hu (3.694)
  3. Colombo (3.685)
  4. Ferrari (3.568)
  5. Bianchi (2.784)
  6. Russo (2.337)
  7. Villa (1.905)
  8. Chen (1.625)
  9. Brambilla (1.536)
  10. Zhou (1.439)



Non so se l’assessore Benelli ha detto quelle parole per rassicurare una comunità, quella milanese italiana, un po’ spaventata e preoccupata di questi tempi, e probabilmente l’assessore dice bene.
Però proprio in questi giorni leggevo l’anteprima del libro della nota antropologa Ida Magli (titolo “Dopo l’Occidente”), e la tesi della Magli non è per niente rassicurante: alla metà di questo nostro secolo la cultura occidentale in Europa “sarà quasi del tutto scomparsa”. I motivi sono oggettivi: la massiccia e continua immigrazione dall’Africa e dall’Oriente (che, con alti e bassi, continuerà sempre), l’altissima prolificità di queste popolazioni (cinque volte più di noi) – cosa del resto certificata in Italia dai primi risultati del 15° Censimento Istat (che se siamo arrivati a essere quasi 60 milioni di abitanti il “merito” è solo degli stranieri, altrimenti la popolazione italiana sarebbe la stessa di 10 anni fa). Ida Magli aggiunge però un’altra causa: il disinteresse, la noncuranza, che gli occidentali manifestano nel non difendere e tutelare appropriatamente la loro lingua e la loro cultura.
La sua conclusione è che anche se gli europei continueranno oltre il 2050 a essere, almeno in alcune zone, più numerosi degli Africani – la loro diventerà una minoranza, psicologica soprattutto, e, ammonisce e mette in guardia, essere invasi e sopraffatti senza aver combattuto induce all'estinzione (conclusione forse velata dal pessimismo, ma che deve comunque far riflettere...).

giovedì 19 aprile 2012

Classifica dell’evasione fiscale in Europa


Tutti lo dicono, tutti lo sanno, ed in fondo è vero: l’Italia è il Paese in Europa in cui c’è più evasione fiscale (e una maggiore economia sommersa). Però….
E qui arrivano le sorprese… Siamo infatti il Paese con la maggiore evasione fiscale, ma solo se la consideriamo in valore assoluto. Se infatti consideriamo il rapporto tra il mancato gettito per lo Stato e gli incassi complessivi del fisco (insomma, quanto pesano le mancate entrate su quella che è la somma che lo Stato incassa, cioè ha a disposizione) ci accorgiamo che l’Italia è superata da diversi altri Paesi (certo, non di primo piano e di primo livello…). Inoltre anche Paesi come la Germania e la Francia non è poi che abbiano un fenomeno dell’evasione e del sommerso trascurabile.

La classifica dei Grandi Paesi Europei:

1.      Italia (180 miliardi di euro evasione fiscale; 418 miliardi valore dell’economia sommersa)
2.      Germania (158 evasione; poco meno di 400 economia sommersa)
3.      Francia (120 evasione; 290 economia sommersa)
4.      Gran Bretagna (74 evasione; 212 economia sommersa)
5.      Spagna (72 evasione; 239 economia sommersa)


NOTA: Però, se consideriamo la percentuale dell’evasione sulle entrate del fisco la situazione negli ultimi posti è questa: la peggiore è la Romania (32,6), poi Lituania (32), Estonia (31,2), Lettonia (29,2), Cipro (28), Grecia (27,5), Malta e Polonia (27,2), Italia (27%).



I dati che riporto sono riferiti da “Tax research London”  (che ha realizzato un’apposita ricerca per il gruppo della Sinistra al Parlamento europeo). Come sempre (la statistica, scrivevo già, contrariamente a quello che si può pensare, è bella perché è varia, cioè è difficile trovare due che scrivano le stesse cifre per lo stesso fenomeno, mah…) altri forniscono cifre diverse. L’Agenzia per le Entrate, ad esempio, afferma che l’evasione fiscale in Italia è di 125 miliardi di euro (contro i 187 stimati invece dal Tax research London) e i tecnici del Ministero dell’Economia ipotizzano il valore dell’economia sommersa in 275 miliardi di euro (contro i 418 di Tax research London).

Per quanto riguarda le categorie o i settori che evadono di più il sito www.borsaitaliana.it riferisce questi dati:

1. Ristorazione e turismo: 50% di evasione
3. Agricoltura: 32,8% (soprattutto a causa del lavoro in nero)
4. Servizi: 20,9%
5. Industria: 12,4%

(ma i professionisti perché non ci sono, si sono dimenticati di loro?)

mercoledì 18 aprile 2012

Le conoscenze informatiche in Europa: italiani agli ultimi posti


Questa classifica, secondo me, era scontata, penso che nessuno si facesse troppe illusioni: su 27 paesi europei gli italiani, in quanto alla conoscenza di come usare bene il pc, sono agli ultimi posti (quintultimi per l’esattezza).
Ci informa di questo l’ente di ricerca europeo Eurostat, con un rapporto appena pubblicato, anche se gli anni su cui fa riferimento arrivano al 2009 (ma è difficile che da allora qualcosa sia cambiato…).
E’ abbastanza singolare la scelta dei parametri su cui misurare il loro studio: la capacità di copiare un file, di usare fogli di calcolo come excel, di realizzare presentazioni con power point, usare linguaggi di programmazione.

Comunque, sommando tutti i punteggi in queste abilità si ha la seguente classifica:

1.      Islanda (513 punti)
2.      Finlandia (508)
3.      Danimarca (497)
4.      Norvegia (494)
5.      Austria (487)

E invece agli ultimi 5 posti della classifica ci sono:

23. Italia (335)
24. Polonia (334)
25. Irlanda (319)
26. Romania (224)
27. Bulgaria (217)



Nel rapporto Eurostat c’è anche il dato della percentuale di popolazione che ha usato il computer almeno una volta nel 2011, la percentuale europea è, per la fascia di popolazione dai 16 ai 74 anni,  del 78%. Le posizioni in classifica riflettono, più o meno, quelle della competenza informatica; anche qui l’Italia, col suo 61%, è piazzata piuttosto in basso (per alcuni Paesi, come Islanda, Svezia e Norvegia la percentuale di chi ha usato il pc è invece addirittura del 96 o 97% !!).

Insomma ancora una volta l’Italia non brilla… ma quand’è che usciranno le statistiche sull’uso dei telefonini??

domenica 15 aprile 2012

Classifica degli edifici più brutti al mondo


Ci siamo anche noi nella classifica degli edifici più brutti al mondo. Questo almeno secondo il  Daily Telegraph (versione on-line).

Ecco la classifica:

  1. Torre Velasca (Milano)
  2. Hotel Ryugyong (Pyongyang, Corea del Nord)
  3. Biblioteca Nazionale (Pristina, Kosovo)
  4. Edificio Fang Yuan (Shenyang, provincia di Liaoning, China)
  5. Torri Aillaud (conosciute anche come Torri Nuages) (Nanterre, sobborgo di  Parigi, Francia)
  6. Ambasciata russa (L’Avana, Cuba)
  7. Cattedrale Metropolitana di Cristo Re (Liverpool, Gran Bretagna)
  8. Piazza della Federazione (Melbourne, Australia)
  9. Edificio Mirador (Madrid, Spagna)
  10.  Quartier Generale del SIS (Secret Intelligence Service), (Londra, Gran Bretagna)



Cosa dire? A guardarli tutti questi edifici viene da pensare al coraggio degli architetti e di chi li ha coinvolti (nel senso che ci vuole un bel coraggio a pensare, costruire e mostrare queste opere…).
Come sempre le scelte operate in questa selezione sono opinabili (ad esempio la Torre Velasca non mi sembra poi così brutta, sarà forse perché poi uno si abitua e gli sembra quasi naturale…), certo che certi edifici sono (sembrano a prima vista) veramente obbrobriosi…
Ognuno però avrà senz’altro il suo parere e le sue opinioni in proposito, sarebbe bello aprire un concorso di segnalazioni, chissa’…

venerdì 13 aprile 2012

In che Paese i partiti politici ricevono i maggiori finanziamenti pubblici?


Domanda retorica, purtroppo. E’ l’Italia. E non mi sembra ci sia da andare troppo fieri di questo primo posto.
Populismo, qualunquismo, etc. è la critica che i partiti fanno a quelli che citano dati e fanno qualche osservazione sui soldi che i partiti ricevono…
Io sono indignato. Indignato perchè c’è stato un referendum che a grande maggioranza ha stabilito che i partiti non dovevano ricevere finanziamenti pubblici, questo referendum è stato sconfessato, immediatamente dopo si è fatta una legge che ha attribuito ai partiti più soldi di prima (!) a cui si è dato il nome di “rimborsi elettorali” (si è poi scoperto che i partiti spendono 1/5 di quello che ricevono e allora perché non restituiscono i 4/5?!). Ora, può essere che il popolo abbia agito in modo impulsivo e irragionevole (ma allora quando fa comodo “il popolo è sovrano” e quando non fa più comodo “il popolo può sbagliare e va guidato”), ma i partiti in che rapporto stanno con il popolo? Non è offensivo, per il popolo appunto, che si vada in senso opposto a quanto espresso dalle urne?
Sono indignato perché i partiti prendono in giro la gente, anche il buon Bersani tuona che i partiti sono fondamentali in una democrazia e che se non ci fossero i finanziamenti pubblici la democrazia sarebbe in pericolo perché “vincerebbero i più ricchi e i più forti”, ma pensa di prenderci tutti per degli stupidi? Il popolo non dice di abolire i partiti, e, forse, non sarebbe neanche contrario a qualche tipo di finanziamento pubblico (ad esempio potrebbe essere una specie di 5x1000 in cui un cittadino segna se e a chi dare una quota delle proprie tasse), quello che non vuole di certo è che i partiti navighino nell’oro, che non sappiano dire e certificare come spendono i soldi, che si cerchi di mettersi in politica solo per sistemare la propria (e non solo…) situazione economica per sempre!
Sono indignato perché nonostante tutti i soldi che girano i politici diano in continuazione esempi di corruzione, ma perché i soldi non bastano mai? La politica costa, rispondono (lo diceva già Bettino Craxi allora…), già, ma dipende, costa per fare cosa? Giudichiamo da un punto di vista economico, visto che si parla di soldi, qual è il risultato di tutto questo investimento che la nazione italiana fa? Quali vantaggi, quali miglioramenti ha ricevuto la società italiana da questo enorme aumento di dispendio di risorse economiche (nel 1996 ai partiti andavano 1.600 lire per italiano, saliti a 5 euro nel 2002) ? La Gran Bretagna si può definire 25 volte meno democratica dell'Italia, visto che ai partiti dà 25 volte di meno che l'Italia?? E poi perché se c’è da tirare la cinghia questo vale per tutti ma non per la politica?
No, non sono indignato, sono incazzato! (anche perché si sa che non si riuscirà a cambiare niente, quando c’è da difendere i vantaggi della casta i partiti trovano subito l’intesa, e non ce n’è uno escluso…)



Classifica dei Paesi in base al finanziamento pubblico ai partiti:
(fonte: Yahoo! Finanza e Il Giornale)

  1. Italia (295 milioni di euro all’anno)
  2. Francia (165 milioni al massimo, negli anni di elezioni)
  3. Spagna (131 milioni nel 2011)
  4. Germania (125, per legge al massimo 133 milioni)
  5. Gran Bretagna (12 milioni di euro all’anno)

mercoledì 11 aprile 2012

Musica: i 10 album più venduti al mondo


Ecco la classifica dei dieci album musicali più venduti da sempre nel mondo (Fonte: www.curiositaeperche.it – Youtube conferma sostanzialmente questa classifica ma con un’importante differenza : al secondo posto gli Ac/Dc con Back in Black – che nella classifica citata neppure appare ! - mentre scompare, ovviamente, dall’ultima posizione l’album dei Fleetwood Machine. In effetti Youtube sembrerebbe avere ragione, leggiamo su wikipedia infatti che l’album degli Ac/Dc ha venduto circa 50 milioni di copie…)

  1. Michael Jackson, Thriller (110 milioni di album venduti!)
  2. Pink Floyd, Dark Side Of The Moon (49 milioni, ben distanziato quindi!)
  3. Meat Loaf , Bat out of hell (43 milioni)
  4. Eagles, Their Greatest Hits (1971–1975) (43 milioni)
  5. Artisti vari, Dirty Dancing (la colonna sonora del film) (42 milioni)
  6. Whitney Houston e artisti vari, The bodyguard (42 milioni) (con un ricordo all’artista scomparsa prematuramente poco tempo fa…)
  7. Andrew Lloyd Webber, Il fantasma dell'Opera (dell’omonimo Musical) (41 milioni)
  8. Backstreet Boys, Millennium (41 milioni)
  9. Bee Gees e artisti vari, Saturday night fever (colonna Sonora del film La febbre del sabato sera) (41 milioni)
  10. Fleetwood Mac, Rumours (40 milioni)




Possiamo confrontare con una classifica che riguarda la vendita degli album musicali nel Regno Unito (apparsa sulla Repubblica online di qualche giorno fa, ma anche al TG2). La classifica è stata stilata dall’inglese Official Charts Company.
Come possiamo vedere ci sono differenze, anche consistenti, dovute al fatto forse che ogni Paese tende a privilegiare, ovviamente e giustamente, la produzione locale.
Le prime 10 posizioni sono queste:

  1. Queen, con il loro primo Greatest Hits (5,8 milioni di copie)
  2. The Beatles, con Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band (5 milioni)
  3. Abba, Mamma Mia! (4,8 milioni)
  4. Oasis , What's The Story (Morning Glory) (4,5 milioni)
  5. Michael Jackson, Thriller (4,2 milioni)
  6. Adele, 21 (4,2 milioni)
  7. Dire Straits, Brothers In Arms (4,15 milioni)
  8. Pink Floyd, Dark Side Of The Moon (4,11 milioni)
  9. Michael Jackson, Bad (3,9 milioni)
  10. Queen, secondo Greatest Hits (3,8 milioni di copie)

sabato 7 aprile 2012

Classifica delle occupazioni del futuro (a partire dagli Stati Uniti).

Di fronte alle grandi difficoltà di oggi in tema di lavoro, cerchiamo di aprirci al futuro, di essere previdenti, di organizzarci in anticipo (magari utilizzando qualcosa di meglio della sfera di cristallo...).
Dal sito portale.lombardinelmondo.org (che a sua volta si rifa' a un articolo pubblicato su italiansinfuga), voglio riportare quelle che sono le occupazioni previste in maggior aumento fino al 2020 negli Stati Uniti (crescita in migliaia di posti di lavoro per i vari settori):

  1. sanità e assistenza sociale (5639)
  2. professionale e servizi alle imprese (3809)
  3. edilizia (1840)
  4. grande distribuzione (1769)
  5. governo statale e locale (1642)
  6. intrattenimento e ristorazione (1343)
  7. istruzione (819)
  8. altri servizi (819)
  9. trasporti e servizi pubblici (817)
  10. attività finanziarie (780)
In ultima posizione invece le attività manifatturiere e gli impieghi nel governo federale.



Per essere completi, e cercare di essere anche un po' utili, vediamo anche quali competenze sarà bene possedere nel futuro prossimo. Il sito cliclavoro ci da' notizia di quelle che sono le abilità che sarà necessario possedere da qui al 2020 (la fonte è The Institute for the Future IFTF, dell'Università di Palo Alto - California):
  • Sense-making: l’abilità di determinare e approfondire nello specifico il significato di ciò che viene prodotto;
  • Social intelligence: la capacità di comunicare e connettersi con gli altri in modo veloce e spontaneo, stimolare la conversazione e le interazioni desiderate:
  • Pensiero creativo: capacità di trovare e pensare soluzioni e risposte al di là di regole e schemi imposti:
  • Cultura trasversale: conoscere e operare in diversi ambiti culturali;
  • Pensiero elaborativo: capacità di tradurre dati e statistiche in concetti astratti e viceversa di estrapolare dati dai ragionamenti;
  • Conoscenza new media: saper valutare criticamente e sviluppare contenuti utilizzando nuove forme di media e sfruttandoli per una comunicazione persuasiva;
  • Multidisciplinarietà: ce ne accorgiamo già oggi e abbiamo la conferma che la capacità di spaziare in ambiti diversi, tra competenze di natura diversa sarà un requisito chiave per il futuro;
  • Organizzazione mentale: sarà apprezzata la capacità di rappresentare e sviluppare le attività e i processi di lavoro per ottenere gli obiettivi desiderati;
  • Gestione delle informazioni: necessità di saper filtrare il flusso ingente di informazioni per importanza e di capire come sfruttare al massimo il carico cognitivo attraverso strumenti e tecniche;
  • Collaborazione virtuale: capacità di lavorare in maniera produttiva, motivare e gestire la presenza anche come membro virtuale, o a distanza, di un team.
Infine, dal blog di un giornalista di la Repubblica (Luca Pagni), riporto quelle che da uno studio dell'Istituto di ricerca FastFuture (commissionato dal Governo Britannico) sono le professioni che avranno più richiesta da qui al 2030 (in ordine sparso, non è una graduatoria questa):
  • Costruttore di parti del corpo (a partire da materiali artificiali)
  • Nanomedico (da leggersi non nel senso di medico-nano, ma di medico che saprà operare con le nanotecnologie (quelle a livello subatomico)
  • agricoltore/allevatore genetista (anche se qui ci sarà da scontrarsi, essendo temi eticamente molto delicati)
  • Manager/consulenti della terza età
  • Chirurgo per l’aumento della memoria
  • Responsabile della gestione e dell’organizzazione della vita digitale
  • Assistente sociale per social network
  • Responsabile per lo smaltimento dei dati personali
  • Sviluppatore di mezzi di trasporto alternativi
  • Manager di avatar per l’insegnamento
  •  
(Ragazzi, ma che cosa vanno dicendo?? Io mi fermo qui, ce ne sarebbero anche altri da segnalare… meglio lasciar perdere, ma davvero il Governo Britannico è il committente di questa ricerca?? Ma la pagheranno anche?!)
 

venerdì 6 aprile 2012

Classifica dei migliori Istituti Scolastici (Onore alla scuola pubblica).


La Fondazione Agnelli da anni studia il mondo della scuola con indagini e ricerche molto serie e documentate. L’ultima ha preso in esame 4 regioni italiane (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Calabria) per stabilire una classifica dell’eccellenza degli istituti scolastici. Il metodo è stato interessante; hanno preso in considerazione 145 mila studenti iscritti all’Università, hanno misurato i loro risultati scolastici e sono risaliti alle scuole superiori di provenienza (oltre 1.000), risultato: gli studenti provenienti dalle scuole statali hanno avuto risultati molto superiori di quelli provenienti dalle scuole private, e se poi si va a vedere da quali istituti provengono, ecco fatta la classifica!



Le classifiche, stilate regione per regione, sono piuttosto chiare: salvo rare eccezioni le scuole statali stanno in cima a tutte le classifiche, quelle non statali (che possono essere anche comunali o provinciali, ma che per la maggior parte sono gestite dai privati, spesso di orientamento cattolico) si concentrano sul fondo delle liste.
Morale: l’Italia non è gli Stati Uniti o altri Paesi, da noi scuola Privata non è certo sinonimo di qualità; la scuole private da noi significano spesso scarsa qualità, scarse risorse (ancora di meno della scuola pubblica), scarsi insegnanti e, vorrei dire, scarsi studenti, ma, ecco, diciamo piuttosto studenti svogliati e in cerca di soluzioni di comodo.
Onore quindi alla scuola pubblica e un bravo a tutti quegli insegnanti (quasi tutti) e dirigenti scolastici che la tengono, nonostante tutto, in piedi…

Sul sito della Fondazione Giovanni Agnelli si possono trovare le classifiche di ogni regione (a questo link), io qui, essendo lombardo, pubblico la classifica delle prime posizioni in Lombardia:

  1. ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE E PER GEOMETRI “P. Di Rosa”, Desio (MB) – Non Statale
  2. ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE (ORA ISTITUTO SUPERIORE) “S. TEN. VASC. A. BADONI”,  Lecco (LC)  - Statale
  3. LICEO SCIENTIFICO “M.G. AGNESI”, Lecco (LC) – Statale
  4. LICEO SCIENTIFICO “BELFIORE”, Mantova (MN) – Statale
  5. LICEO CLASSICO (ORA ISTITUTO SUPERIORE) “D. CRESPI”, Busto Arsizio (VA) – Statale
  6. LICEO SCIENTIFICO “A. VOLTA”, Milano (MI) – Statale
  7. LICEO CLASSICO “P. SARPI”, Bergamo (BG) – Statale
  8. ISTITUTO SUPERIORE “V. BACHELET”, Oggiono (LC) –Statale
  9. ISTITUTO MAGISTRALE (ORA ISTITUTO SUPERIORE) “C. LENA PERPENTI”, Sondrio (SO) – Statale 
  10.  ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE “B. BELOTTI”, Bergamo (BG) – Statale

mercoledì 4 aprile 2012

La classifica dei posti di lavoro disponibili (per settore)

Giro le notizie che ho appreso leggendo l'altro giorno un articolo di Pietro Ichino sul corriere della sera on-line.
Ci sarebbero (uso il condizionale, ma non ho motivi per non crederci, sapendo che Ichino è considerato uno dei massimi esperti italiani di economia del lavoro e visto che la fonte dei dati è il Rapporto Excelsior Unioncamere del 2011) in Italia 117.000 posti di lavoro che non si riesce a coprire (in realtà, dice sempre Ichino, sono molti di più, forse 500.000 perché per ogni azienda che rende esplicita la sua richiesta di lavoro ce ne sono sempre almeno altre quattro che, scoraggiate, ritengono inutile pubblicare richieste che tanto non troveranno soddisfazione…).Il nostro esperto chiama questi posti di lavoro “giacimenti inutilizzati di occupazione”.



Sembra incredibile, ma è così, con la disoccupazione che c’è oggi, con la fame di lavoro che c’è, ci sono tuttavia posti che non trovano chi li occupi. Il motivo principale è che non si trovano le competenze necessarie, cioè è una richiesta di personale qualificato che però allo stato attuale manca, (“skill shortages”).

Viene da dire: ma allora formiamolo, cosa aspettiamo! Non ci sono tutta una gran varietà (pletora) di Enti creati apposta, non ci sono tutte le competenze affidate alle Regioni e alle Province, non ci sono un bel po’ di fondi europei disponibili!? Qui viene il lato dolente… che purtroppo è sotto gli occhi di tutti: quello della formazione sembra diventato ormai un business fine a se stesso, gonfiato ad arte solo per la bramosia di potere e di clientelismo; sembra che non sia tanto importante che questi corsi funzionino e che siano efficaci, ma basta che si facciano… (ho amici disoccupati in Sicilia che passano da un corso all’altro, in campi anche lontanissimi tra di loro, senza mai trovare alla fine alcuno sbocco occupazionale solo perché chi frequenta viene pagato per farlo! In Lombardia, nel “mitico” Nord invece, sono balzati alle cronache qualche mese fa alcuni episodi di “mala politica”, ovvero le Agenzie Private che ricevevano fondi pubblici per organizzare i corsi di formazione erano sempre le stesse e, guarda caso, si è scoperto che i titolari di quelle Agenzie erano amici, parenti o addirittura famigliari di politici e assessori…).
Eh no, così proprio non si va avanti… E infatti a Bruxelles giacciono un sacco di quattrini che spetterebbero all’Italia per la formazione professionale ma che quelli di Bruxelles non mollano (come li capisco!) perché non hanno le garanzie che non vengano poi sperperati…

Ecco, finalmente, la classifica dei settori in cui ci sono richieste di manodopera qualificata inevase:
1.      Industria (26%)
2.      Costruzioni (16%)
3.      Commercio (14%)
4.      Alloggio e ristorazione (11%)
6.      Sanità (7%)
7.      Trasporti e logistica (6%)
8.      Informazione e comunicazione (3%)
9.      Credito, finanza, assicurazioni (2%)
10.  Altri (15%)

martedì 3 aprile 2012

La classifica del benessere delle nazioni (e ancora qualcosa sulla Felicità)


Qualche tempo fa avevo pubblicato un post sulla Classifica della Felicità, era basato su una ricerca (un sondaggio, fatto intervistando la gente) realizzata dalla società Ipsos Global. Ora viene diffuso un altro studio sullo stesso argomento che dà risultati molto diversi… E’ il bello dei sondaggi, dipende molto da cosa andate a chiedere, a chi lo chiedete e in che modo… E’ vero che la prima indagine prendeva i considerazione solo 24 Paesi al Mondo, mentre la seconda tutti. E, insomma, è una dimostrazione di come sia difficile misurare  la felicità, ma del resto non si sa come definirla esattamente, e se andate a chiedere in giro scoprirete che è una valutazione molto fluttuante (e dipendente da molte variabili effimere). Comunque ci sono Società di ricerca che si impegnano molto in queste misurazioni.
Dunque, i dati che presento qui sono tratti dall’Happy Planet Index (rapporto annuale della New Economics Foundation - NEF - di Londra). Questo rapporto, a dire il vero, non riguarda tanto, o solo, la misurazione della Felicità, ma la più generale misurazione del Benessere di un Paese che, è la loro convinzione, non si deve basare tanto sul PIL (Il Prodotto Interno Lordo – che misura solo lo sviluppo economico) quanto, appunto, sul HPI (Happy Planet Index). L’HPI è l’indice che hanno inventato loro e che si basa su 3 parametri: l’aspettativa di vita, la felicità individuale e l’impatto ambientale (che loro misurano come “impronta ecologica”, ovvero con un calcolo della relazione tra il consumo umano di risorse naturali e la capacità della Terra di rigenerarle).

Quindi c’è una Classifica Generale (che tiene conto della combinazione dei 3 parametri) e ci sono 3 classifiche parziali.

La Classifica Generale ci dice qual è il Paese più virtuoso, quello cioè che combina meglio di tutti gli altri fattori del benessere umano con fattori del consumo intelligente delle risorse che il nostro pianeta mette a disposizione. Ecco i primi 10 Paesi:

  1. Costa Rica (76,1 su 100)
  2. Repubblica Domenicana (71,8)
  3. Jamaica (70,1)
  4. Guatemala (68,4)
  5. Vietnam (66,5)
  6. Colombia (66,1)
  7. Cuba (65,7)
  8. El Salvador (61,5)
  9. Brasile (61)
  10. Honduras (61)

Invece la classifica parziale che riguarda l’aspettativa di vita è questa:

1. Giappone (82,3 anni)
2. Hong Kong (81,9)
3. Islanda (81,5)
4. Svizzera (81,3)
5. Australia (80,9)
6. Spagna  e Svezia (80,5)
8. Italia, Canada e  Israele (80,3)



La classifica della felicità è questa:

1. Costa Rica  (8,5 punti su 10)
2. Irlanda, Danimarca e Norvegia (8,1)
5. Canada, Finlandia (8,0)
7. Svezia, Australia e Stati Uniti (7,9)
10. Austria, Panama, Islanda, Nuova Zelanda (7,8)

(vorrei qui confrontare questa classifica con l’altra, della Ipsos Global, come dicevo all’inizio, almeno per le prime 5 posizioni:
·  Indonesia
·  India
·  Messico
·  Brasile
·  Turchia
Mmm, non c’è nessuna coincidenza! Possibile che due misurazioni della stessa cosa (?) producano risultati così diversi?)


E infine la classifica dell’ecosostenibilità è questa:

1. Congo, Malati, Haiti (0,5)
4. Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo. (0,6)
5. Tagikistan (0,7)
6. Nepal, Pakistan, Ruanda, Zambia, Togo, Sierra Leone, Burundi (0,8)

(Da questa terza classifica, a parte tutto, si deduce una cosa: che, forse, i cittadini di quei Paesi baratterebbero ben volentieri un po’ di consumo in più del loro territorio e delle risorse naturali in cambio di un po’ di ricchezza in più…)

Alcune considerazioni

- Delle prime 10 in classifica, 9 sono del Centro-Sud America!
- Sempre come Aree geografiche: i Paesi dell’Europa Occidentale stanno in gran parte a centro classifica (quello che li penalizza è il consumo delle risorse, quindi la scarsa capacità di preservare l’ambiente), la nazione piazzata meglio è l’Olanda (43.esina); l’Area con la posizione peggiore in classifica è l’Africa sud sahariana.
- E l’Italia?
E’ piazzata bene solo nella aspettativa di vita. Nella classifica generale è 69.esima, punteggio di 44,0 – contro, ricordo i 76,1 del Costa Rica che è primo (e come soddisfazione di vita è in una posizione centrale, col punteggio di 6,9). Quindi: potremmo essere contenti che da noi si vive a lungo, ma se non si vive bene è una magra consolazione...